Gnani: il pilota, il costruttore
Nella storia delle due tempi, quello di Gabriele Gnani, più che un nome, è un’istituzione. Il “decano” romagnolo ha i motori nel DNA e ha vestito pressoché ininterrottamente, dal 1983, i panni di pilota e collaudatore, militando nei campionati mondiali, europei, italiani e molti altri ancora. Ad una sola condizione: che la sua moto vada a miscela.
“I quattro tempi sono dei bidoni, sembrano dei tosaerba, suonano male – ha ironizzato Gnani senza giri di parole – A me piacciono i motori che funzionano in ottica da corsa, non da agricoltura. Sono innamorato del due tempi perché è il motore che va più forte. Le Moto3, per fare un esempio, hanno dovuto aumentare la cilindrata a 250 per sostituire le vecchie 125 a due tempi. Se fossero un ottavo di litro, andrebbero poco più veloce di uno scooter. E comunque costano cinque volte di più”.
Da buon romagnolo, Gnani ha messo per la prima volta le mani al “mutor” a soli dieci anni. “Ma l’amore per le moto ce l’ho da quando sono nato – ha puntualizzato – Quando ero alle elementari, ho tentato di costruire un motore partendo dal pistone di un ammortizzatore. A 14 anni ho iniziato ad elaborare i ‘motorini’, costruendo pezzi per Minarelli. Ho sempre avuto una grande passione per le corse, sia per quanto riguarda l’aspetto sportivo che ingegneristico, ma allora non avevi facilmente accesso alle informazioni necessarie come invece capita oggi con Internet”.
In questi casi, un allievo zelante trova un maestro. “Angelo Zanetti mi ha dato le basi e la prima moto per correre. Era cieco, ma ha aperto gli occhi a me. I miei non sapevano nulla né volevano che io corressi, quindi ho aspettato di avere 18 anni e poi ho iniziato nel campionato Italiano Junior, con una Derby 50, nel 1983”.
Da allora, Gnani non si è più guardato alle spalle, affinando la sua “arte” in pista ed all’interno dei box. “Ho costruito diversi pezzi ed il primo motore 50 tutto mio, ma la Federazione ha introdotto la classe 80 per l’anno successivo. Ero disperato, senza soldi e senza moto. Quel motore ce l’ho ancora, ma non l’ho mai acceso”.
Lungi dall’alzare bandiera bianca, Gnani non si è perso d’animo, trovando il modo di correre. “Claudio Lusuardi mi ha venduto una 80cc con la quale ho vinto l’Italiano Junior, ma la moto aveva diversi problemi quindi ne ho nuovamente costruita una da solo. Però non mi hanno accettato l’iscrizione nel 1986. A Jerez, nel 1988, ho debuttato nel mondiale andando a punti, e da lì è iniziata l’avventura internazionale”.
Un’avventura che lo ha portato a battagliare con “mostri sacri” delle piccole cilindrate. “Nel 1988 mi giocai la vittoria a Misano ed al Nürburgring. In entrambi i casi, l’ho persa per i doppiaggi. Chiusi il campionato in decima posizione, ed al quinto posto l’anno successivo. Dopo ho fatto solo gare internazionali perché, correndo su moto artigianali di mia realizzazione, dovrei iscrivermi come Costruttore ed è eccessivamente costoso”.
Nella sua vita (ha 51 anni) Gnani si è misurato contro avversari di età e provenienza diverse, ma uno di loro ha rappresentato una costante. “L’avversario più duro sono sempre stato io stesso – ha commentato – Corro sempre contro di me, gli altri piloti sono amici. Voglio sempre migliorare, da pilota e progettista. Se vinco una gara ma mi accorgo di aver girato più piano che in passato, per me è una sconfitta. Dopo 33 anni di corse, ancora sento di non aver capito niente. Ce ne vorrebbero altri 100, ma mi diverto più che mai”.
Come dargli torto? Correre comporta una ridefinizione costante dei limiti, propri e della moto. E anno dopo anno, decimo dopo decimo, la ricerca di Gnani continua.
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