La International Grand Prix al Mugello, tra storia e leggenda
Le 2T omaggiano il tempio della Velocità. La parola ai protagonisti.
Quando si parla di due ruote, pochi circuiti possono vantare il richiamo del Mugello.
La sua fama internazionale è frutto di una storia lunga oltre cent’anni (la prima gara nella zona, svoltasi come da tradizione su un percorso stradale, risale al 1914), ricca di episodi memorabili che, una volta sedimentati nell’immaginario popolare, sono divenuti leggenda.
Da un lato, la conformazione del tracciato – che segue l’andamento naturale del terreno circostante, ricco di saliscendi – lo ha reso un tempio sacro del motociclismo, dove solo i migliori “iniziati” potevano salire sul podio (nell’albo d’oro, ricordiamo le 5 vittorie di Mick Doohan e Jorge Lorenzo, secondi solo a Valentino Rossi, a quota 9). Dall’altro, la bellezza del paesaggio, invece che restare sullo sfondo, diventa parte integrante del giro di pista. Dopo ogni curva cieca o scollinamento, fanno capolino le dolci colline toscane che custodiscono gelosamente carni e vini anch’essi di fama mondiale.
In questa cornice romantica, suoni, odori, e vibrazioni delle due tempi fanno da porta di confine tra presente, passato, e futuro. Ma che cosa si prova durante un giro di pista al Mugello? Lo abbiamo chiesto ad alcuni dei protagonisti del campionato International Grand Prix.
“È una sensazione molto particolare – ha raccontato Jarno Ronzoni, capoclassifica della 250GP – Qui girano tutti i più veloci al mondo, ed anche il paesaggio è mozzafiato. Mi piace molto la discesa all’ingresso della Casanova-Savelli, anche se è un punto dove sono caduto più di una volta (ride)”.
L’eredità storica del Mugello, poi, esercita sempre un fascino particolare.
“È una pista dove è stata scritta la storia del motociclismo, quando ti presenti qui ti devi mettere sull’attenti – ha aggiunto Gabriele Gnani, “decano” della 125GP – È una pista veloce, tecnica, piena di segreti”.
Il disegno del tracciato, adagiato sui pendii circostanti e ricco di cambi di pendenza, lo rende naturalmente uno dei più tecnici al mondo.
“È difficile ed affascinante da capire – ha osservato Lorenzo Linari, leader nella 250SP – Richiede forza di volontà e fisica. L’Arrabbiata II, e tutte le curve cieche in generale, richiedono un senso di comprensione particolare”.
“All’inizio ti senti un incapace – ha scherzato il giovanissimo della 125GP, Alessandro Pozzo – Però quando ci prendi la mano ti diverti tanto. Solo nella prima curva si scende sotto ai 100 km/h, è emozionante”.
Ci sono mille ragioni per amare il Mugello, ne abbiamo elencate solo alcune. Dopo la gara, molto probabilmente, tutti i piloti ne avranno almeno una in più.
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